Via Macelli, 37 - 55100 Lucca (LU)

Via U. Terracini, 8 - 59100 Prato (PO)

TURCHI DR. PAOLO logo

Nuove terapie andrologiche

a Lucca (LU)

Chiama ora

Nuove terapie andrologiche a Lucca (LU)

icona divisoria

Novità in andrologia

Per essere sempre aggiornato sulle novità del settore medico andrologico, visita frequentemente questa sezione.

A seguire, potrai infatti trovare una serie di interessanti pdf da salvare, stampare, leggere e condividere con chi fosse interessato.


Per maggiori informazioni vi invito a contattarmi telefonicamente, via e-mail all'indirizzo studio@paoloturchiandrologia.it oppure compilando l'apposito modulo che trovate nella sezione Contatti.


Vi ricontatterò il più presto possibile con la risposta al vostro quesito.

Disfunzione erettile

  • CARDIOPATIA E FARMACI PER L'EREZIONE

    GLI UOMINI CON CARDIOPATIA ISCHEMICA STABILE HANNO UNA MIGLIORE SOPRAVVIVENZA SE USANO I


    FARMACI PER L’EREZIONE (INIBITORI DELLA PDE5)

    Un recente studio svedese, pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology ha dimostrato che usare con regolarità i PDE5i, cioè i farmaci orali per la disfunzione erettile (Viagra, Cialis, Levitra, Spedra o i loro generici equivalenti), per curare i problemi di erezione, riduce il rischio di morte e di infarto cardiaco in uomini cardiopatici con malattia coronarica stabile.

    Gli Autori dello studio hanno deciso di esaminare questo gruppo di uomini perché la disfunzione erettile (DE) è un problema rilevante nella popolazione maschile anziana, e i PDE5i subiscono ancora oggi il pregiudizio da parte dei pazienti e, talvolta, anche dei medici, sui potenziali pericoli cui possono essere esposti uomini anziani con DE e con malattie cardiovascolari nell’assumerli. Già in precedenza il gruppo che ha effettuato lo studio aveva dimostrato la minor mortalità in uomini con DE che usavano i PDE5i e che avevano poi avuto un primo infarto, rispetto a uomini che avevano avuto un infarto senza che assumessero alcuna terapia per la DE.

    Lo studio ha seguito per oltre 5 anni 18.542 uomini svedesi con DE che avevano avuto un infarto, o un intervento chirurgico di bypass coronarico o un intervento coronarico percutaneo (angioplastica), di cui 16.548 sono stati trattati con un PDE5i (sildenafil, tadalafil o vardenafil) e 1994 con iniezioni locali di prostaglandina (Caverject).

    Al termine dello studio, il gruppo che usava gli inibitori della PDE5, rispetto al gruppo che usava terapia iniettiva, ha avuto una riduzione del 12% per la mortalità per tutte le cause (14% vs 26%; rapporto di rischio [HR], 0,88); del 19% per infarto miocardico (9,4% vs 15%; HR, 0,81); del 25% per i ricoveri per insufficienza

    cardiaca (1,0% vs 2,1%; FC 0,75) e del 31% per la rivascolarizzazione (13,1% vs 21%; HR, 0,69).

    I tassi di morte cardiovascolare (5,1% vs 10,6%) e non cardiovascolare (6,9% vs 12,2%) sono stati all'incirca dimezzati nel gruppo dei PDE5i. Le analisi stratificate per età hanno indicato che gli uomini di età compresa tra 60 e 69 anni trattati con PDE5i avevano una mortalità inferiore rispetto ai loro coetanei trattati con
    alprostadil (HR aggiustato, 0,81).

    Ma quali possono essere i motivi degli effetti benefici di questa classe di farmaci?

    Sono state valutate alcune

    ipotesi: gli uomini con DE spesso sono ipertesi in terapia e i PDE5i potrebbero aver migliorato la sopravvivenza aumentando gli effetti clinici dei farmaci antipertensivi, inoltre, i PDE5i hanno un’azione benefica sull’endotelio, il tessuto che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni e del cuore, che, sottoposto

    all’azione di questi farmaci migliora la sua funzionalità (l’endotelio non è una semplice superficie di rivestimento ma è un tessuto che produce sostanze paracrine e endocrine). A molti potrebbe anche piacere il pensiero che il sesso praticato frequentemente si qualifichi come un'attività fisica che promuove la

    longevità e che l’uso dei PDE5i possa ripristinare questo beneficio in caso di DE. Ma è da valutare anche una ipotesi diversa: il deterioramento della salute generale è associato a una diminuzione del desiderio e dell'attività sessuale e, quindi, un'elevata esposizione cumulativa ai PDE5i potrebbe semplicemente aver identificato pazienti più sani e sessualmente attivi.

    Quali conclusioni possiamo trarre da questo studio? Direi che, nonostante questo studio non supporti alcun

    cambiamento nella pratica clinica, è un ulteriore tassello di rassicurazione per il medico prescrittore e per il paziente. Se il prescrittore ritiene che non vi siano controindicazioni è probabilmente un bene che il paziente  assuma il farmaco orale per migliorare la sua erezione, non solo per la sua vita sessuale, ma anche per un intrinseco minor rischio di eventi negativi per la salute e una maggiore sopravvivenza.



  • ESTATE E SESSO

    L’estate è alle porte e come ogni anno chi più chi meno ognuno si prepara a scoprirsi ed esporsi non solo ai raggi del sole ma anche agli sguardi altrui. Tutti siamo portati a metterci in mostra ma anche a guardare con maggiore interesse le persone che intorno a noi si mostrano meno vestite, più belle e abbronzate. Se da un lato quindi, desideri e fantasie sessuali sono stimolate, dall’altro ci sono il caldo e l’afa a scoraggiare l’attività sessuale.

     Ma come ci ha costruito la natura rispetto alla stagionalità? D’estate si è più o meno

    predisposti all’attività sessuale?

    La risposta non è semplice, ma la maggior pare degli studi indicano che l’estate è la stagione del sesso. L’attività sessuale è una parte fondamentale della nostra vita e si esprime in innumerevoli modi. La realtà

    è che gli uomini e le donne pensano l'un l'altro come partner potenziali, flirtano e talvolta finiscono per fare sesso e questi comportamenti condizionano la nostra vita e sono l’ingrediente principale di spettacoli televisivi, film, libri e gossip di tutti i giorni.

    La frequenza di tale comportamento cambia con il cambiare delle stagioni? In base a suggestioni personali molti risponderebbero di si e diversi studi sembrerebbero confermare questa percezione. Ad esempio i tassi di aggressione a scopo sessuale, che sono facilmente quantificabili, hanno una fluttuazione stagionale relativamente bassa, ma sono più alti in estate. E’ noto

    che il comportamento sessuale maschile dipenda principalmente dal testosterone. Può il testosterone essere implicato in tali crimini? il testosterone aumenta l'interesse sessuale e aumenta la frequenza degli atti sessuali e le erezioni notturne, ma ha scarso o nessun effetto sulle erezioni stimolate dalla fantasia o

    dalla vista. Inoltre molti studi hanno ben dimostrato che i livelli di testosterone non correlano con l’aggressività e nemmeno con il comportamento sessuale. Eppure diverse ricerche documentano come il

    caldo e l’esposizione al sole aumentino i livelli di testosterone nel maschio adulto, attraverso un meccanismo mediato dalla maggior produzione di vitamina D a livello cutaneo. Inoltre, l'esposizione al sole, in misura adeguata, sviluppa la serotonina, un antidepressivo naturale che contribuisce al buon umore e predispone

    ai contatti con il mondo esterno. Al contrario uno studio recente mostra come nel maschio la frequenza dei pensieri sessuali e delle eiaculazioni settimanali diminuisca in inverno.

    Insomma, con le dovute eccezioni, in inverno si fa meno sesso mentre in estate, grazie all’esposizione alla luce, gli ormoni aumentano, l’umore migliora e si è maggiormente predisposti a farlo. Tutto questo riguarda i maschi. Ma le femmine? Che le donne d’estate abbiano un calo di interesse dovuto all’afa è una credenza

    popolare, soprattutto maschile, che non ha nessun riscontro. E’ vero che d’estate il maschio tende ad avere più partner sessuali e rapporti occasionali di quanto desiderino le donne, ed è vero anche che si dedicano all'autoerotismo con più frequenza delle donne, ma, benché questo cambio di marcia che subisce l’interesse e la capacità sessuale riguardi soprattutto i maschi, anche la donna con il caldo risente di un aumento di ormoni ed è portata a investire maggiori energie positive nel sentirsi seduttiva e nel dare vitalità al rapporto con il partner. Come dire che la donna tende istintivamente a “approfittare” delle caratteristiche favorevoli di questo periodo dell’anno proprio per ritrovarsi anche nell’intimità. Tutto questo, come spesso succede in

    medicina, è una ovvia generalizzazione che ha le sue eccezioni individuali e che deve tener conto di situazioni e contesti diversi, tuttavia l’estate è alle porte e ciascuno potrà viverla consapevole dei vantaggi che la natura gli offrirà.

  • SESSO NELLA TERZA ETA'

     La Sessualità nella Terza Età

    “Dottore comincio a perdere colpi, sarà l’età?”. Questa domanda mi viene rivolta quotidianamente da uomini che vedono l’ingresso nella terza età come una possibile causa delle loro défaillance sessuali. Molti pensano che il declino della virilità sia un inevitabile conseguenza del tempo che passa, ma in realtà un uomo che ha avuto cura di se stesso può avere una sessualità appagante anche in tarda età. Non per tutti gli uomini, tuttavia, le cose vanno così, perché la salute sessuale maschile può essere danneggiata da numerosi fattori. Le minacce principali derivano da abitudini dannose per la salute come il fumo di sigaretta, gli eccessi alimentari e la sedentarietà, solo per citare i più noti. Il fumo, come il diabete e l’ipertensione o il colesterolo alto, può provocare problemi circolatori e la comparsa di un deficit dell’erezione ne è spesso un primo segnale. Quali le cifre della disfunzione erettile? Si stima che, in forma più o meno grave, si manifesti in oltre il 40% dei cinquantenni, percentuale che sale al 50% oltre i settanta anni. Anche una riduzione di produzione di ormoni come il testosterone e il DHEA, può causare una disfunzione erettile e un calo del desiderio, ma può manifestarsi anche con sintomi interpretabili come segni d’invecchiamento (stanchezza, aumento di peso, calo dell’umore, osteoporosi solo per citarne alcuni). Conosciuta come andropausa, il suo nome corretto è sindrome da ipogonadismo tardivo, questa condizione interessa circa il 7% degli uomini tra i 50 e i 60 anni, percentuale che sale al 20% tra i 60 e gli 80 per andare al 35% negli ultraottantenni. Eppure il 73,4% degli uomini tra i 60 e i 70 anni, secondo un recente studio del Censis, si dichiara ancora fortemente

    interessato al sesso, percentuale che scende al 39% negli over 70. Cosa fare per mantenersi efficienti?

    E’ ormai noto come lo stile di vita conti in modo decisivo. Non fumare, alimentarsi in modo sobrio, fare attività fisica, avere una vita sociale, applicare insomma quel proverbio che consiglia, dopo i

    cinquanta, di “mangiare la metà, muoversi il doppio, e ridere il triplo”. Conta anche la qualità della relazione, invecchiare bene insieme comprende il condividere passioni, dedicarsi al corteggiamento

    e alle piccole attenzioni e continuare a baciarsi. La qualità della sessualità nella III età, insomma, spesso è l’espressione della cura che si è avuta per se stessi ma se qualcosa non va non bisogna avere

    imbarazzi nel parlarne con il proprio medico o con lo specialista andrologo. 

  • RISCHIO CARDIOVASCOLARE E DISFUNZIONE ERETTILE

    GLI UOMINI CON MALATTIE CARDIACHE NON SANNO DI RISCHIARE LA DISFUNZIONE ERETTILE. E

    VICEVERSA

    Pochi uomini con malattie cardiache sanno che questa condizione è una delle principali cause di disfunzione erettile o capiscono tutte le cose che possono fare per rendere le difficoltà sessuali meno probabili. Uno studio polacco pubbliato recentemente (Int J Impot Res 2015) ha

    intervistato uomini affetti da cardiopatia ischemica, patologia strettamente collegata alla maggior parte dei casi di disfunzione erettile (DE) negli uomini over 60. Su 500 uomini studiati, circa 190 (38%), non ha individuato una qualsiasi delle sei cose che potevano fare per ridurre al minimo il rischio di DE - smettere di fumare, eliminare i chili in

    eccesso, controllare il diabete, il colesterolo, ridurre la pressione sanguigna e fare più esercizio. Solo 31 di loro (6%), era in grado di citare tutti e sei questi fattori di rischio modificabili per la DE. 

    Invece di concentrarsi su questi rischi, molti uomini pensano che la DE sia principalmente causata da bassi livelli di testosterone, dall'uso della bicicletta o da tumori benigni della prostata. Gli autori dello studio affermano quanto si sa da tempo, ma non si riesca a far conoscere suffcienteente alla popolazione di uomini a rischio. Cioè che i pazienti semplicemente non capiscono che uno stile di vita sano, dedicare il tempo libero all'attività fisica e apportare alcune modifiche di dieta, come mangiare pesce, può influenzare positivamente la funzionalità del pene. Tutti gli uomini studiati, età media 62 anni, avevano sperimentato almeno un precedente attacco di cuore. La maggior parte di loro era sovrappeso, fumatore, aveva la

    pressione alta, il colesterolo alto e il diabete. Il 15% era obeso e pochi di tutti loro faceva sufficiente esercizio fisico. Quasi l'80% soffrivano di DE, e circa il 23% descriveva la condizione come grave o moderata. Anche se lo stile di vita sedentario è il fattore di rischio modificabile più conosciuto per la DE, nel sondaggio i pazienti sono stati meno consapevoli di questo rispetto alla

    popolazione genrale. Il fattore di rischio più frequentemente citato è stato il fumo,

    correttamente identificato da 179 dei partecipanti. L'eccesso di peso è stato segnalato da 166 degli uomini. Avere la DE non ha reso gli uomini intervistati maggiormente in grado di identificare i fattori di rischio modificabili. Gli autori hanno valutato come questa mancanza di

    mancanza di educazione sanitaria sia un fattore cruciale per aumentare il rischio non solo di cardiopatia ischemica, ma anche di disfunzioni sessuali.

    Per superare questo atteggiamento negativo, da sempre noi specialisti andrologi auspichiamo una maggiore comunicazione tra gli uomini con problemi di erezione o con problemi cardiaci e i

    medici curanti. Spesso ci sono invece difficoltà a parlare di problemi sessuali e questo imbarazzo impedische di rendere consapevoli i paienti dei rischi cui si espongono con stili di vita negativi.

    se i medici di medicina generale ma anche i cardiologi sono riluttanti a chiedere ai loro pazienti notizie della loro vita sessuale, ance i pazienti con DE dovrebbero osare chiedere ai loro medici su questo problema, dato che si tratta di un barometro affidabile della buona salute

  • CIBO E SESSO

    Cibo e sesso

    Da secoli l’idea che alcuni cibi abbiano un effetto afrodisiaco appassiona e intriga. In cima alla lista ostriche, cioccolato, avocado, pistacchi, banane e vino rosso. In medicina, dove le pratiche di

    comportamento da raccomandare devono essere rigorosamente basate su prove scientifiche, il dibattito è ancora aperto. Uno degli studi più recenti, pubblicato recentemente da Niket Sonpal, un

    professore di gastroenterologia di New York, evidenzia come, sebbene nessun cibo da solo possa essere capace di curare un problema di erezione, ci sono dei cibi chiave, da considerare in preparazione di un incontro amoroso. Si tratta di nove alimenti, dagli asparagi ai chili martini - che potrebbero aiutare ad avviare rapidamente una serata di successo.

    I cibi in questione sono dotati di punti di forza su aree tra loro diverse. Ci sono sostanze chimiche specifiche in questi alimenti, che vanno dallo zinco al rilascio di ossido nitrico, alla caffeina. Tutti

    questi hanno capacità di cambiare il flusso sanguigno, che inizierà a spostarsi verso l’area pelvica, in luoghi dove si accende l’erezione. Altri cibi, che sono considerati eccitanti a causa del loro aspetto, pensiamo alle banane o alle ostriche. In realtà le banane e l’ananas contengono

    bromelina e vitamina B, che possono elevare i livelli di testosterone e di energia, cmoe mostrato in uno studio condotto su ciclisti. Mentre le ostriche sono ricche di aminoacidi che costruiscono le basi del percorso nel processo chimico di sintesi di molti dei nostri ormoni come la serotonina ma anche della prostaglandina, sostanza indispensabile per l’attivazione dell’erezione. I pistacchi sono nella lista perché contengono proteine e flavonoidi che possono aiutare a stimolare il flusso

    sanguigno, come mostrato in uno studio che correlava il consumo dei pistacchi con un effetto positivo sulla disfunzione erettile. Gli avocado, che secondo Sonpal hanno una seducente reputazione risalente agli antichi Aztechi di essere conosciuti come "frutto del testicolo", sono ricchi di vitamine B6, B9 e acido folico che forniscono energia e aiutano anche ad aumentare la produzione di testosterone. Il cioccolato compare in quasi tutti gli elenchi dei cibi afrodisiaci e lo studio in questione non fa eccezione. il cioccolato contiene infatti triptofano, un componente costitutivo di serotonina, metilxantine e feniletilamina, uno stimolante correlato all'anfetamina,

    che viene rilasciato nel cervello quando le persone si innamorano. Non a caso si pensa a San Valentino associandolo al cioccolato e viceversa. Il cioccolato è probabilmente l'elemento nell'elenco di Sonpal che ha il razionale scientifico più consistente per aumentare la libido.

    Va comunque precisato che, sebbene esistano alcune prove a sostegno dell'idea che alcuni ingredienti di questi alimenti siano associati alla funzione sessuale, non ci sono prove concrete di causa ed effetto. Inoltre, è improbabile che una persona che assuma a tavola cibi contenenti ingredienti noti per aumentare l'eccitazione, possa mangiarne una quantità abbastanza grande da

    avere un effetto. Si tratta dunque di suggestione? Di un evidente effetto placebo? In realtà la sessualità umana è molto complessa e ha molte componenti, tra cui lo stato della relazione, l'umore e il modo in cui una persona si sente fisicamente quel giorno. Va sottolineato

    che questi alimenti non avranno alcun effetto da soli. Così come utilizzare farmaci per l’erezione potrà, questo si, aumentare la capacità di avere una erezione soddisfacente ma non

    necessariamente farà sentire più eccitati.

    Cosa afferma la Food and Drug Administration (FDA) a questo proposito ? La FDA dice che “qualsiasi prodotto che riporti in etichetta un effetto di aumento del desiderio sessuale, o di

    miglioramento delle prestazioni sessuali, è considerato un prodotto farmacologico afrodisiaco”. Le sostanze alimentari considerate sono: anice, cantaridi, estrogeni, finocchio, ginseng, gotu kola,

    ginseng coreano, liquirizia, mandragora, metiltestosterone, minerali, nux vomica, Pega Palo, salsaparilla, stricnina, testosterone, vitamine, yohimbina, e yohimbina cloridrato, tutte presenti

    come ingredienti in tali prodotti farmaceutici. Mancano dati adeguati per stabilire sicurezza e efficacia di uno qualsiasi di questi ingredienti, o di

    qualsiasi altro ingrediente, per l'uso dell'OTC come afrodisiaco.

    Ciononostante se nei tuoi piani per San Valentino vuoi includere qualcosa di propedeutico per una bella serata, perché non considerare alcuni articoli chiave nel fare la spesa ? Creare un pasto sexy

    può essere suggestivo e non può far male, ma certamente se ci sono problemi e disfunzioni con cui fare i conti non possiamo consigliare di contare solo su questo per garantire una serata

    spensierata.

     Physician on Boosting Sex With Foods: Keep an Open Mind - Medscape - Feb 13, 2020.


  • EREZIONI SPONTANEE NOTTURNE E DOLOROSE

    LE EREZIONI SPONTANEE NOTTUNE NORMALI (SRE) E DOLOROSE (SRPE)

    Durante il sonno, fin dalla più giovane età, ogni uomo sano ha erezioni spontanee. Svegliarsi con il pene eretto, in assenza di stimoli onirici o esterni, diretti o indiretti, è un’esperienza universale. E’ la cosiddetta erezione spontanea notturna o SRE (sleep related erection), una erezione che compare tipicamente durante il sonno

    profondo, nelle cosiddette fasi di sonno REM (rapid eyes moviment). Durante queste fasi del sonno i neuroni del

    sistema simpatico, che tengono normalmente il pene in condizioni di detumescenza, vengono inattivati. Durante questa fase viene quindi a prevalere la via parasimpatica, che porta all’erezione. Durante queste erezioni si ha un aumento della frequenza cardiaca e avvengono movimenti involontari degli occhi. Si tratta quindi di un fenomeno

    fisiologico, che ha il senso di esercitare una vera e propria ginnastica muscolare e vascolare. Attraverso questa attività spontanea il meccanismo erettivo viene mantenuto in efficienza, grazie all’ossigenazione dell’endotelio

    dei corpi cavernosi e al mantenimento dell’elasticità del tessuto muscolare liscio cavernoso. Queste erezioni ci sono nell’arco di tutta la vita e sono considerate un indice di buona salute. Ci sono condizioni patologiche nelle quali, infatti, le erezioni tendono a ridursi di frequenza e di intensità o addirittura scompaiono. I disturbi circolatori, le malattie metaboliche e ormonali e la depressone sono le cause più frequenti. Le SRE avvengono in un numero di 3-5 per notte e il numero, la durata e la qualità delle erezioni dipendono anche dalla quantità e dalla qualità del sonno. Durano in media circa dieci minuti e non sono percepite, dal momento che avvengono in fasi di sonno

    profondo. In genere l’uomo se ne rende conto solo se ha un risveglio proprio durante queste fasi. Oppure se

    l’erezione è dolorosa, e provoca il risveglio. Una erezione spontanea rigida in un uomo con disfunzione erettile per lo più esclude una causa fisica. Per documentare la presenza e la qualità delle SRE esiste uno strumento che si chiama Rigiscan, che è in grado di registrare l’attività erettiva durante il sonno, documentando il numero di episodi, la rigidità e l’aumento di circonferenza di ciascun episodio. Questo esame di chiama NPT-Rigiscan test.

    IL RISVEGLIO CON DOLORE

    Gli uomini con erezioni dolorose legate al sonno, o sleep relate painful erection (SRPE) spesso sono svegliati dal dolore. Questo può durare a lungo, fino a un'ora. Le SRPE possono verificarsi più volte

    durante la notte e portare a privazione del sonno, affaticamento diurno, ansia e irritabilità. Spesso chi ne è affetto ne diventa ossessionato arrivando ad averne un netto peggioramento della qualità

    della vita. Gli uomini con SRPE di solito non hanno erezioni dolorose durante l’attività sessuale. In realtà, hanno spesso una normale funzione sessuale.

    Le SRPE sono condizioni rare e non esiste una letteratura scientifica molto ampia. Inoltre, gli studi pubblicati hanno avuto risultati contrastanti, rendendo le SRPE una patologia difficile da comprendere e da trattare.

    Cosa sono le erezioni notturne dolorose (SRPE)? L’American Academy of sleep Medicine definisce le sleep-related-painful-erections (SRPE) come “dolore penieno che si verifica durante erezioni, tipicamente durante episodi di donno REM”. Uomini con SRPE riferiscono frequenti risvegli legati a questo dolore penieno di entità importante. Le SRPE appartengono alle cosiddette parasomnie,

    che possono essere definite come fenomeni fisici indesiderati, eventi o esperienze (emozioni, percezioni, sogni)

    che posso avvenire durante il sono. Le opzioni di diagnostica e gestione per SRPE non sono chiaramente definite.

    Le SRPE possono avvenire in uomini di qualunque età anche se l’età media dei casi pubblicati è risultata essere di

    52 anni. Non sembrano essere correlate con la presenza di patologie o associate ad altri problemi sessuali. Anche

    il rapporto con assunzione di cibo o alcool non sono significativi. Non sono mai stati identificati fattori di rischio

    specifici. 

    Quali sono le cause delle SRPE ?

    Non sappiamo ancora con certezza quali siano le cause di SRPE. Probabilmente le cause sono più di una. Diversi

    studi hanno avanzato più ipotesi.

    -Aumento dei livelli sierici di testosterone (T) (ipotesi non confermata in nessuno studio)

    -Alterazione della funzione autonomica (ipotesi non confermata da nessuno studio)

    -Compressione dell’area pre-ottica cerebrale (LPOA) (ipotesi posta in uno studio del 2012 ma non confermata da

    studi successivi)

    -Sindrome da apnee ostruttive notturne (OSAS). Nonostante il razionale e nonostante uomini con SRPE trattati

    con CIPAP (respiratore notturno che favorisce una migliore ossigenazione) siano migliorati, questa ipotesi

    sembrerebbe confutata da uno studio recente (2016)

    -La sindrome compartimentale. La maggior parte dei pazienti con SRPE descrive un dolore profondo al pene, che

    alcune volte si irradia a inguine, addome, scroto e/o area perineale. Durante l'ultima fase di un'erezione normale

    del pene, sorge una cosiddetta sindrome compartimentale, creata da contrazioni ripetitive dei muscoli

    ischiocavernosi e bulbospongiosi. La sindrome compartimentale è caratterizzata dalla presenza di alta pressione persistente all'interno di uno spazio costante, che impedisce la circolazione microvascolare all'interno del

    comparto cavernoso interessato16,17. Quando questa sindrome persiste, i corpi cavernosi si trovano in una

    condizione di ischemia localizzata che, a sua volta, può indurre il dolore della SRPE. Un tono aumentato dei muscoli

    del pavimento pelvico, inclusi i muscoli ischiocavernosi e bulbospongiosi, potrebbe contribuire allo sviluppo di una

    sindrome compartimentale del pene. L'ipertonia da sola potrebbe essere una spiegazione per il dolore sperimentato durante gli SRPE. Il fatto che le erezioni stimolate siano normali nei pazienti con SRPE, potrebbero essere coerenti con questa ipotesi.

    -Cause psicosomatiche. Da tempo è stato ipotizzato che le SRPE fossero conseguenti a situazioni si ansia e di

    disagio, spesso coniugale, e che i disturbi del sonno ad esso conseguenti fossero causa di SRPE piuttosto che

    conseguenza. Ad oggi, è impossibile trarre conclusioni definitive in merito alla relazione tra sintomi di stress,

    umore o ansia e SRPE.

    Con quali esami è possibile fare una diagnosi?

    Da un punto di vista diagnostico i pazienti affetti da SRPE sono stati sottoposti a diverse indagini, ma i risultati dei

    test di laboratorio, dell’ecografia pelvica, del ecocolorDoppler del pene e le EMG eseguite negli studi pubblicati

    fino a oggi, non hanno mostrato anomalie quasi in nessun paziente con SRPE. Anche gli NPT-Rigiscan test mostravano ampia variabilità. In sostanza quindi non esiste un algoritmo diagnostico al quale attenersi e la diagnosi è quindi basata sul racconto del paziente.

    Esistono terapie efficaci?

    La necessità di fornire al paziente un trattamento in grado di alleviare la sintomatologia, ha fatto si che diversi

    famaci siano stati utilizzati negli anni per contrastare questo disturbo. I farmaci utilizzati erano mirati su obiettivi

    diversi e sono stati così utilizzati, con risultati spesso discrepanti tra i vari studi o anche tra i vari pazienti nell’ambito di uno stesso studio, diversi tipi di farmaci. A seguire l’elenco di quelli studiati.

    -Miorilassanti – La maggior parte dei pazienti descritti in letteratura sono stati trattati con il Baclofen, a una dose

    iniziale di 10 mg la sera (at bedtime) e incrementando la dose fino a un massimo di 40 mg. Circa il 30-40 % dei pazienti guarisce in 2-3 mesi mentre un altro 30% circa ha comunque benefici.

    -Antidepressivi - Benchè i farmaci antidepressivi abbiano diversi meccanismi di azione, hanno tutti un effetto si

    aumento della biodiponibilità della serotonina e della noradrenalina che, inibiscono le SRPE mediante

    soppressione del sonno REM. Clomipramina e clonazapina sono i più studiati.

    - Ansiolitici - Anche i benzodiazepinici sopprimono il sonno REM ed hanno un effetto miorilassante e benchè i

    risultati soprattutto con l’uso del clonazepam siano promettenti, l'uso prolungato può provocare tolleranza,

    dipendenza fisica e sintomi di astinenza alla sospensione. Un uso a lungo termine (superiore a 1 anno) è quindi da

    considerare con cautela.

    - Antiandrogeni- Ciproterone acetato, Bicalutamide. Nei pazienti con SRPE non è stata dimostrata alcuna efficacia

    - PDE5 inibitori – Benchè sildenafil e tadalafil siano usati con efficacia nel trattare la disfunzione erettile, è descritto

    un effetto paradosso quando questi farmaci sono usati a basso dosaggio, che può essere sfruttato per trattare le

    SRPE. L’unico studio pubblicato (solo 4 pazienti trattati) appare promettente.

    Conclusioni:

    La SRPE è una patologia rara e difficile da studiare. Probabilmente tra i meccanismi fisiopatologici ipotizzati

    l’ipertonia dei muscoli del pavimento pelvico è la più plausibile. Mancano test diagnostici raccomandati e specifici

    e anche la terapia non è standardizzabileI farmaci più promettenti sono sicuramente il baclofen e, in misura

    minore, il clonazepam. Promettente anche la fisioterapia del pavimento pelvico, che può efficacemente

    contribuire ad alleviare i sintomi da SRPE.

    Riferimenti bibliogafici

    1. Schmidt MH, Sakai K, Valatx JL, et al. The effects of spinal or mesencephalic transections on sleep-related erections and ex- copula penile reflexes in the rat. Sleep 1999; 22: 409-418.

    2. Montorsi F, Oettel M. Testosterone and sleep-related erections: an overview. J Sex Med 2005; 2: 771-784.

    3. Vreugdenhi S, Weidenaar AC, de Jong IJ, van Driel MF. Sleep-Related Painful Erections: A Meta-Analysis on the

    Pathophysiology and Risks and Benefits of Medical Treatments J Sex Med 2018; 15:5e19

    4. American Academy of Sleep Medicine. International classification of sleep disorders. 3rd ed. Darien, IL: American

    Academy of Sleep Medicine; 2014.

    5. Vreugdenhil S, Weidenaar ACW, DeJong IJ, et al. Sleep-related painful erections—a case-series of 24 patients regarding diagnostics and treatment options. Sex Med 2017; 5: 237-243

    6. Ferré A,Vila J, Jurado MJ, etal. Sleep-related painful erections associated with obstructive sleep apnea syndrome. Arch Sex

    Behav 2012; 41:1059-1063

    7. Wardi G, Gortz S, Snyder B. A case of delayed presentation of thigh compartment syndrome. J Emerg Med 2014; 46: 145-

    148

    8. Karsenty G, Werth E, Knapp PA, et al. Sleep-related painful erections. Nat Clin Pract Urol 2005; 2: 256-260.

    9. van Driel MF, Beck JJ, Elzevier HW, et al. The treatment of sleep-related painful erections. J Sex Med 2008; 5: 909-918

    10. De Freitas G, Soares D, Luis Rhoden E. A 35-year old man presenting sleep-related painful erections (Erpes): a case report

    and review of literature. Adv Sex Med 2014; 4:6-10

  • LAVORO STRESS E DISFUNZIONI

    SENZA FILTRO

    Il tuo lavoro e le tue disfunzioni andrologiche Paolo Turchi

    A chi come me si occupa quotidianamente dei problemi riproduttivi e sessuali degli uomini, capita di notare alcune ricorrenze,

    ampiamente documentate nella letteratura scientifica, che consentono una certa categorizzazione dei disturbi andrologici per concomitanza di patologie (tipico caso il diabete, o l’ipertensione), per uso di farmaci (gli alfa-litici spesso provocano disturbi eiaculatori, i farmaci per la pressione possono provocare problemi di erezione, alcuni antibiotici riducono la fertilità, solo per fare 3 esempi), per provenienza culturale e sociale (la disfunzione erettile è più frequente nelle basse classi sociali e il rischio che si manifesti correla inversamente con il titolo di studio) e per categorie lavorative. Su queste categorie sono stati fatti decine di studi in questi ultimi venti anni ma è abbastanza sorprendente come ben pochi siano stati gli studi di correlazione tra il tipo di lavoro che un uomo svolge e i suoi effetti a breve e lungo termine sulla sua vita sessuale e riproduttiva. In questo contesto viene da chiedersi, ad esempio, se, uomini esposti a condizioni lavorative stressanti, possano avere maggiori problemi sessuali

    di uomini con lavori meno impegnativi. E’ ben noto come situazioni di stress acuto possano elevare l’attività adrenergica che a sua volta può causare una disfunzione erettile di origine psicologica. Meno noto è se condizioni di stress lavorativo continuativo, come ad esempio può verificarsi in chi è sottoposto ritmi di lavoro estenuanti o lavora in condizioni disagiate, possano determinare le stesse situazioni. Casi tipici sono quelli degli immigrati stranieri, che vivono soli in Italia, in situazioni spesso precarie, e che tornano raramente a casa. Situazione che riguarda soprattutto chi proviene da paesi come il Pakistan e alcuni

    paesi del nord e centro Africa, dove il rispetto dei precetti religiosi esclude non solo i rapporti con altre donne ma anche la

    masturbazione. Questi uomini, che rientrano a casa per il breve arco di tempo delle ferie, hanno spesso una mission procreativa che crea una aspettativa così carica di stress prestazionale, che sfocia in fallimenti. Tornano in Italia senza capire per quale motivo la moglie non sia gravida, e si rivolgono all’andrologo per avere un rimedio alle loro prestazioni sessuali deludenti. Capita di affrontare situazioni analoghe con i militari reduci da missioni all’estero. Un lungo periodo di permanenza fuori casa, in situazioni spesso rischiose e difficili, comportano un carico di stress che al rientro a casa si fa sentire sulle prestazioni sessuali.

    La disfunzione erettile (DE), nota precedentemente al 1993 come impotenza sessuale maschile, è definita da allora come la “incapacità di ottenere e/o mantenere un’erezione del pene sufficiente per un rapporto sessuale soddisfacente”. Anche se

    ancora oggi si continua a distinguerla in “organica”, “psicologica” o “mista”, in realtà quella che era una distinzione ancora molto netta fino agli inizi degli anni ‘80, anni nei quali iniziò ad essere sistematico un approccio diagnostico al problema, è oggi ritenuta meno importante da un punto di vista pratico, essendo quasi sempre le due componenti coesistenti. Se agli inizi del secolo

    scorso Sigmund Freud riferiva come oltre il 90% dei disturbi dell’erezione nel maschio fossero di origine psicologica secondo

    un'analisi dei dati provenienti da 6 studi clinici condotti negli ultimi 10 anni, nel 78% degli uomini con DE sono stati rilevati

    fattori organici con o senza fattori psicogeni. Nella maggioranza dei pazienti con DE, è comunque presente una combinazione dei due fattori. Questa distinzione mente/corpo, ormai obsoleta, non tiene conto delle conoscenze di neurobiologia dei disordini psicologici, inoltre ignora il significato fondamentale di psicosomatica. Le condizioni psicologiche si traducono in produzione di

    sostanze chimiche da parte del nostro cervello e queste sostanze, che sono in grado di inibire l’erezione, sono materia organica ed ecco che quindi una DE psicologica diventa organica.

    Ci sono poi situazioni ben chiarite su rischi specifici. E’ il caso ad esempio dei lavoratori esposti al contatto con sostanze chimiche come pesticidi, erbicidi, idrocarburi, pitture acriliche, solventi organici, materiali plastici, piombo e anche l’esposizione ai gas di

    scarico delle autovetture, nei quali è stata osservata una maggiore prevalenza di problemi di fertilità ma anche di DE. Anche se la maggior parte degli studi condotti sono osservazionali e non soddisfano gli standard della medicina basata sulle evidenze, la mancanza di studi prospettici non cancella questa associazione tra i problemi andrologici e l’esposizione alle sostanze.

    Un altro esempio riguarda gli uomini esposti al calore diretto, come coloro che lavorano a stretto contatto con i forni o

    nell'industria dell'acciaio, a più alto rischio di sviluppare sterilità ma anche disfunzioni sessuali, rispetto alla popolazione

    normale. Come gli autisti di taxi o camion la cui zona pelvica è esposta per molte ore al calore generato dal motore. La

    spermatogenesi è estremamente sensibile al calore (basta un episodio febbrile per arrestarla temporaneamente) come pure la sensibilità di trasmissione neuronale. Un terzo esempio di un potenziale fattore di rischio occupazionale per la DE è il settore

    delle costruzioni. Questo tipo di lavoro espone i suoi operai a sostanze chimiche biologicamente pericolose per inalazione o contatto con la pelle. Inoltre, i lavoratori coinvolti nella perforazione per lunghe ore durante il giorno possono essere esposti al

    trauma pelvico minore che può rivelarsi dannoso per i normali meccanismi di erettivi. Sembra intrigante pensare che i fattori di rischio legati alla DE non siano solo quelli noti, come alcune malattie (diabete, ipertensione, cardiopatie), o stili di vita (fumo, sedentarietà, obesità) ma si possa fare prevenzione anche intervenendo su condizioni lavorative che espongono a rischi significativi di effetti negativi sulla sfera genitale maschile attraverso l'esposizione

    chimica, fisica e meccanica. L’uso delle protezioni previste dalle leggi di tutela lavorativa, e il consiglio di inserire nei controlli routinari anche quelli andrologici (bastano una visita specialistica e uno spermiogramma per monitorare il rischio) ridurrebbe il rischio e corrisponderebbe a una linea emergente di pensiero che considera l’infertilità maschile e la disfunzione erettile problemi di salute pubblica associati a vari potenziali fattori di rischio.

    2

    Riferimenti bibliografici

    - Lewis RW, et al. Epidemiology/risk factors of sexual dysfunction. J Sex Med 2004

    - Feldman, I et al. Impotence and its medical and psychosocial correlates: results of the Massachusetts Male Aging Study. J Urol. 1994

    - Aytaç IA et al. Socioeconomic factors and incidence of erectile dysfunction: findings of the longitudinal Massachussetts Male Aging Study. Soc Sci

    Med. 2000

    - NIH Consensus Development Panel on Impotence. JAMA, 1993

    - S Freud. Psicopatologia della vita amorosa. Newton Compton, Roma 1992

    - BD Sachs. Contextual approaches to the physiology and classification of erectile function, erectile dysfunction, and sexual arousal. Neuro sci Bio

    behav Rev 2000; 24: 541 – 560

    - B Sachs B. The false organic-psychogenic distinction and related problems in the classification of erectile dysfunction. Int J Impotence Research, 2003,

    15: 72-78

    - Burnett AL. Environmental erectile dysfunction: Can the environment really be hazardous to your erectile health? J Androl 2008

    - Anis TH, et al. Chronic lead exposure may be associated with erectile dysfunction. J Sex Med 2007

    - R Shamloul J Sex Med 200

Onde d'urto

  • ONDE D'URTO NELLA DE

    Le Onde d’Urto a bassa intensità (Low Intensity Shockwave Therapy o LIST) nella DE.

    Da qualche anno si è capito che le onde d’urto a bassa intensità possono essere usate efficacemente nei disturbi dell’erezione, grazie al loro effetto di rigenerazione del microcircolo penieno e delle fibre nervose che inducono e regolano il meccanismo dell’erezione. Curarsi con le onde d’urto, purchè generate da un'apparecchiatura a ciò indicata e già verificata, migliora stabilmente la qualità dell’erezione per periodi che possono durare anche diversi anni. Tutto questo emerge da decine di

    studi internazionali come anche dalla mia già lunga e positiva esperienza, del tutto simile a quella di molti altri colleghi andrologi e urologi che in tutto il mondo utilizzano questo stesso metodo.

  • ONDE D'URTO NON FANNO TUTTO DA SOLE

    Le onde d’urto funzionano ma non fanno tutto da sole.

    Parliamo di onde d'urto per la cura della disfunzione erettile (DE). Due domande che ogni paziente cui propongo la cura con le onde d’urto mi pone sono: funziona? e ancora: quanto durerà l’effetto?

    L’efficacia del trattamento con le onde d’urto a bassa intensità è ormai da tempo dimostrata. Funziona in 7-8 pazienti su 10, secondo quasi tutti gli studi pubblicati fino ad oggi. Ma un dubbio che

    si pone chi affronta la cura è quello della durata degli effetti. Le ricerche fatte e la mia esperienza personale ci dicono che la cura è efficace nel breve termine in circa il 75% dei pazienti che trattiamo

    ma l’effetto non è a tempo indefinito. Mediamente, dopo 2-3 anni il beneficio tende a calare e il trattamento va ripetuto. Questo calo, anche secondo un recente studio pubblicato sul Journal of Urology (Kitrey ND et al. Low Intensity Shock Wave Treatment for Erectile Dysfunction—How Long Does the Effect Last? J Urol 2018), è tanto più ragionevole aspettarselo quanto più la DE di partenza era grave e i fattori che l’hanno causata ancora presenti. Pensiamo ad esempio al forte fumatore

    che non smette di fumare, o al diabetico scompensato che non modifica comportamento e dieta, o al sedentario vasculopatico che non si mette in movimento e non dimagrisce. Se le cause che hanno danneggiato la circolazione del pene continueranno a danneggiarlo, anche la nuova microcircolazione stimolata dal ciclo delle onde d’urto finirà per essere meno efficiente e la DE si

    manifesterà di nuovo. Ecco perché il trattamento viene accompagnato sempre da un adeguato couselling, che consenta al paziente di stare più in salute e di ottimizzare gli effetti della terapia.

Il maschio infertile

  • IL CONSUMO DI FARMACI RIDUCE LA FERTILITA'NEL GIOVANI MASCHI

    IL CONSUMO DI CANNABIS RIDUCE LA FERTILITA' NEI GIOVANI MASCHI

    Una ricerca condotta nel Regno Unito ha stabilito che il consumo abituale di cannabis influisce sulle dimensioni e la forma degli spermatozoi nei giovani uomini.

    Questo studio, di portata mondiale, si è posto l’obiettivo di verificare come gli stili di vita influenzino l’indice di fertilità agendo sulla produzione degli spermatozoi e sulla qualità globale del liquido seminale. Un gruppo di ricerca delle Università di Sheffield e Manchester ha evidenziato come queste caratteristiche peggioravano nei periodi estivi anche se sembravano poi migliorare se i periodi di astinenza si protraevano oltre i sei giorni tra uno spinello e l'altro.

    Non c'è dubbio che i casi di infertilità nei giovani adulti sono in costante aumento e la  colpa potrebbe essere anche del consumo diffuso della cannabis, troppo a lungo ritenuto una droga leggera. Gli studiosi hanno esaminato 2249 ragazzi reclutati in centri per la fertilità inglesi: hanno messo in relazione gli stili di vita con l’infertilità ed è emerso che a maggiore infertilità corrispondeva maggior uso di cannabis. Sembrano avere poca influenza, invece, fumo e alcol. Il dato riguardava in particolare coloro che

    avevano meno di trent’anni.

    Alti dosaggi di tetra idro cannabinolo (THC) il principio attivo della cannabis, contenuta in alte dosi nell'hashish e nella marijuana, riducono la secrezione del testosterone e di conseguenza la produzione, la motilità e la capacità vitale degli spermatozoi. La riduzione del testosterone e della produzione di spermatozoi riscontrati negli studi

    hanno probabilmente un'importanza minore negli adulti, ma possono essere di grande importanza nel maschio prepubere che consuma cannabis. I possibili effetti del consumo di cannabis sul testosterone e sulla spermatogenesi potrebbero essere più rilevanti per gli uomini con fertilità già ridotta per altri motivi, per esempio in presenza di un varicocele. In realtà è dimostrato come il fumo di cannabis nell'uomo riduca la concentrazione nel sangue dei tre ormoni LH, FSH e testosterone. In altri studi sono

    state osservate basse percentuali di spermatozoi mobili nei forti fumatori di cannabis, ma non nei consumatori di marijuana. Studi sui topi dimostrano come un trattamento acuto di THC produca un decremento significativo e consistente dipendente dalla dose e dal tempo della concentrazione di LH e di testosterone.Nelle scimmie rhesus maschie una dose acuta di THC entro un'ora produce una riduzione del 65% della concentrazione di testosterone nel plasma, che si protrae per circa 24 ore.

    Tutti questi studi sono talvolta contraddttori nei risultati e al momento non vi è alcuna evidenza certa che la cannabis influenzi negativamente la fertilità umana, oppure che provochi dei danni cromosomici o genetici. Tuttavia la forza del messaggio che proviene

    dagli esperimenti condotti su animali e sugli uomini, è che i cannabinoidi provocano alterazioni degli ormoni sessuali maschili e femminili e che il loro consumo soprattutto in età preadolescenziale o adolescenziale potrebbe diminuire la capacità riprodutiva nel maschio.

  • CONSUMO DI ALCOLICI E FERTILITA' NON VANNO D'ACCORDO

    Secondo uno studio trasversale condotto su giovani danesi pubblicato online il 2 ottobre sul British Medical Journal, l'assunzione di alcool riduce la qualità dello sperma.Gli autori dello studio

    riportano come effetti negativi sul liquido seminale possano essere osservati anche per consumi inferiori a cinque drink a settimana, benchè la tendenza sia più pronunciata tra gli uomini che bevono più di 25 unità a settimana. Lo studio è stato condotto da ricercatori della University of

    Southern Denmark, su 1.221 uomini danesi dai 18 ai 28 anni, visti all'esame per leva militare, che hanno compilato un questionario sul consumo di alcol e che sono stato disponibili a fornire un

    campione di liquido seminale. Il tasso di partecipazione è stato del 30%. L'assunzione media di alcol nel corso della settimana precedente è risultato di 11 unità, dove una unità è definita come 25

    g di etanolo (la quantità approssimativa di una birra o un bicchiere di vino). Il 64% dei partecipanti ha riferito binge drinking due o più volte nei 30 giorni precedenti, e il 45% ha detto che il consumo

    di alcolici era abitudinale. Per questi uomini è stata osservata una relazione dose-risposta inversa con la concentrazione di spermatozoi (P trend = .02), nonché con il conteggio totale di spermatozoi (P trend = .01) e la percentuale di spermatozoi morfologicamente normali (P trend = .01). Le tendenze erano più marcate per consumi superiori a 25 unità di alcol in una settimana. Questa associazione non è stata riscontrata nei bevitori non abitudinali. C'è da dire che i partecipanti che avevano consumato più di 30 unità nella settimana precedente avevano più probabilità di essere anche fumatori, maggiori consumatori di caffeina, e avevano maggiore propensione a segnalare infezioni sessualmente trasmesse.

    I ricercatori hanno concluso il loro studio affermando che "l'associazione negativa tra assunzione di alcol e la qualità dello sperma può essere attribuita ad un effetto negativo diretto dell'alcool sulla

    spermatogenesi ma può essere anche il risultato di differenze nello stile di vita, comportamenti a rischio e dieta incongrua riscontrati tra i forti consumatori di alcol, nonostante l'aggiustamento statistico per questi fattori ".


  • ETA' MASCHILE E INFERTILITA'

    Effetti della età sulla fertilità maschile

    Una delle cause più importanti della riduzione della natalità nei paesi industrializzati, come noto, è la ricerca tardiva della gravidanza. La fertilità femminile inizia a decadere, gradualmente, a partire dalla terza decade di vita, per subire poi un crollo quasi verticale dopo i 40 anni. Nel maschio il problema età è stato a lungo sottovalutato avendo esempi di uomini che esperiscono la paternità perfino dopo gli 80 anni. Gli studi di questi ultimi 20 anni hanno però rilevato che anche nell’uomo c’è un decadimento importante, con il passare degli anni, soprattutto a causa di una minore capacità di identificare e distruggere gli spermatozoi danneggiati, processo chiamato apoptosi, che garantisce la migliore qualità

    seminale. Questo significa che nell'eiaculato di uomini che hanno più di 35 anni, ci può essere un numero maggiore di spermatozoi danneggiati, meno capaci di fecondare, e più capaci di provocare aborti spontanei o trasmettere difetti

    genetici.

    Da quale età si può essere considerati troppo vecchi per essere padre?

    Da anni, soprattutto nell’era della procreazione medicalmente assistita, il dibattito è aperto, ma ha riguardato quasi

    esclusivamente gli aspetti etici e sociali. Per il maschio insomma l’unico problema per diventare padre pareva essere

    quello di avere una partner sufficientemente giovane. Oggi sappiamo che con il tempo l'uomo, pur continuando a produrre spermatozoi, ne genera progressivamente meno e con più difetti, anche di tipo genetico, abbassando la

    capacità di concepimento di una coppia. È stato calcolato che se la donna ha meno di 25 anni, il tempo medio necessario per concepire è di 4 mesi circa se anche l’uomo ha meno di 25 anni, ma diventa di quasi 2 anni se l’uomo ha più di 40 anni. Altri studi hanno confermato che per gli uomini con più di 45 anni è necessario il quintuplo del tempo per concepire rispetto agli uomini con meno di 25 anni. Un altro effetto dell’età paterna avanzata si ha nell'aumento dei casi di aborto spontaneo, che diventano più probabili quando l’età del padre supera i 40 anni. E’

    plausibile che l’aumento di rischio di aborto sia dovuto al fatto che spermatozoi di uomini più anziani abbiano

    maggiori mutazioni genetiche. Questo tema è stato oggetto di diversi studi di correlazione tra età paterna e presenza

    di malattie ereditarie nei figli. Le conclusioni di questi studi sono state che ai figli vengono trasmesse molte più

    mutazioni genetiche da parte dei padri che da parte delle madri, a causa della diversa genesi di ovociti e spermatozoi.

    Dato che le mutazioni aumentano con l’aumentare dell’età del padre, uomini più anziani trasmetteranno più facilmente patologie come la depressione, l’autismo e la schizofrenia e sindromi cromosomiche come quella di Down.

    Una ricerca pubblicata su Nature nel 2014 ha stimato che le probabilità di essere autistici per i figli di padri di 45 anni

    sono 1,5 volte più elevate dei figli di padri di 24 anni. La possibilità che questa trasmissione avvenga è comunque

    estremamente bassa e maggior parte delle mutazioni del DNA trasmesse ai figli sono innocue.

    In quali uomini il rischio è maggiore?

    Gli uomini che rischiano maggiormente di non concepire o di trasmettere difetti genetici, sono quelli esposti all’effetto

    di patologie come il varicocele o le malattie infiammatorie degli organi genitali o che si espongono a fattori di rischio quali il fumo di sigaretta o l’abuso di alcolici o di altre sostanze. Si tratta di malattie curabili e di fattori di rischio

    modificabili sui quali è utile soffermarsi.

    Gli studi che correlano infertilità e fumo di sigaretta sono numerosi e dimostrano in modo consistente un danno diretto sulla qualità dei parametri seminali dose dipendente. L’esposizione degli spermatozoi a componenti tossici,

    come la nicotina o la cotinina, ne danneggia il DNA, riduce le capacità antiossidanti del plasma seminale e incrementa i radicali liberi dell’ossigeno (ROS). Il danno esercitato dall’alcol riguarda l’asse ormonale ipotalamo-ipofisi-gonadi, con una relazione negativa dose-dipendente. Bere più di 40 grammi di etanolo al giorno può indurre danni anche severi alla spermatogenesi, mentre un’assunzione modica di alcool (1 bicchiere di vino al giorno) non risulta essere dannosa.

    Parlando poi dell’uso di sostanze stupefacenti, non solo gli oppioidi ma anche i cannabinoidi possono danneggiare la fertilità. La marijuana blocca il rilascio ipotalamico dell’ormone GNRH, con conseguente alterata produzione testicolare di testosterone e di spermatozoi. Più di un terzo dei consumatori abituali di marijuana ha ridotte concentrazioni di spermatozoi nel liquido seminale, con un effetto dose-dipendente che è reversibile ma può

    richiedere mesi e a volte anche anni per risolversi. E’ importante poi soffermarci sulla relazione alimentazione/obesità

    e riproduzione. La fertilità può diminuire tanto in uomini sovrappeso quanto in quelli francamente obesi. È quindi

    importante mantenere un indice di massa corporea (rapporto tra peso e altezza) normale, cioè tra 20 e 25 kg/m2.

    Alimenti ricchi in pesce, frutta, verdura, legumi e cereali integrali, sono stati associati a una migliore motilità degli

    spermatozoi se comparati con diete ricche in carne rossa, insaccati, pizza, bevande zuccherine e dolci. Benché i dati

    non siano univoci, diete equilibrate per contenuto di vitamina C, zinco, selenio, folati, carnitina e carotenoidi, glutatione e coenzima Q10 sono state associate a una riduzione dei ROS e a una migliore qualità seminale con aumento delle possibilità di gravidanza.

    Quali esami fare nella ricerca tardiva di paternità ?

    Per studiare il decadimento della capacità riproduttiva età correlata, non ci sono esami specifici. Vale l’iter diagnostico

    raccomandato per ogni altro maschio infertile. La visita specialistica andrologica rimane il punto di partenza clinico e lo

    spermiogramma, eseguito secondo i criteri dell’OMS, quello laboratoristico. Il medico potrà richiedere ulteriori

    indagini, su sangue, su liquido seminale o con esami strumentali, in base alle problematiche eventualmente

    riscontrate. Negli ultimi anni è stato fatto largo uso, in laboratori specializzati, del test di frammentazione, un esame

    che si esegue su liquido seminale e che è in grado di studiare la qualità del DNA dello spermatozoo, che appare

    particolarmente danneggiato negli uomini esposti a fattori di stress ossidativo. L'età è un fattore di stress ossidativo

    indipendente e questo test potrebbe essere utile in uomini oltre i 35 anni, in particolare quando il fattore anagrafico è

    associato ad altri noti come causa di stress ossidativo, quali quelli elencati precedentemente.

    Come proteggersi dai rischi? Praticare sport regolarmente riduce il rischio di trasmettere danni genetici, perché

    favorisce un allungamento dei telomeri, una sorta di cappuccio protettivo dei cromosomi. Inoltre, limitare gli alcolici,

    dimenticare il fumo e mangiare bene. Privilegiando alimenti antiossidanti.

    Conclusioni: Anche se l’uomo conserva le sue potenzialità riproduttive per la maggior parte della sua vita, oggi sappiamo quali

    cambiamenti si verificano e quali potenziali conseguenze ci possano essere con l’aumentare dell’età. Anche se sulla

    base delle conoscenze attuali non è giustificato dissuadere gli uomini meno giovani dal tentativo di diventare padre, di

    tali potenziali conseguenze è dovere della comunità medica informare le coppie infertili.

La prostata

  • IL DOSAGGIO DI ROUTINE DEL PSA SALVA LA VITA, MA NON E' RACCOMANDATO

    8 agosto 2014

    IL DOSAGGIO DI ROUTINE DEL PSA SALVA LA VITA. MA NON E' RACCOMANDATO.

    I risultati di un importante studio europeo, pubblicato pochi giorni fa su Lancet (*) confermano che effettuare di routine il test del PSA porta a una significativa riduzione della mortalità per cancro della prostata. Tuttavia l’utilità dello screening è controverso soprattutto per i problemi legati alla sovradiagnosi, che è considerata un vero evento avverso all’effettuazione del test su tutta la

    popolazione. Che vuol dire ?

    Vediamo di capirci qualcosa. ERSPC è uno studio multicentrico, randomizzato, con una banca dati centralizzata e predefinita, nel quale è stato valutato l’effetto del dosaggio dell'antigene prostatico

    specifico (PSA) in uomini tra i 55 e i 69 anni di età in otto paesi europei. Un gruppo di uomini di età compresa tra i 50 e i 74 anni, identificati dai registri della popolazione, sono stati assegnati, secondo una numerazione casuale generata da un computer, al gruppo di controllo che prevedeva il solo monitoraggio senza interventi diagnostici. L'obiettivo primario era valutare la mortalità per cancro alla prostata nel gruppo di studio, rispetto a quello di controllo.

    Gli uomini inseriti nello studio sono stati seguiti per 13 anni, durante i quali sono stati diagnosticati 7.408 casi di cancro alla prostata nel gruppo di intervento e 6.107 casi nel gruppo di controllo. La

    riduzione del rischio assoluto di morte per cancro alla prostata a 13 anni è stato 0 · 11 per 1000 anni-persona o 1 · 28 per 1000 uomini randomizzati, che equivale a una morte per cancro alla prostata scongiurato ogni 781 uomini che hanno effettuato lo screening.

    L’ERSPC conferma quindi una sostanziale riduzione della mortalità per cancro alla prostata attribuibile al test del PSA, con un sostanziale aumento dell'effetto assoluto a 13 anni rispetto a risultati dopo 9 e 11 anni. Nonostante questi risultati, un’ulteriore quantificazione dei danni e la loro riduzione sono ancora considerati un prerequisito per l'introduzione del PSA nello screening su larga scala.

    Gli stessi autori dello studio, nonostante questi risultati, rimangono prudenti circa i programmi di screening di popolazione, perché l'alto tasso di sovradiagnosi legate allo screening deve ancora

    essere affrontato.

    In conclusione ? Da un punto di vista delle raccomandazioni cliniche che le società scientifiche possono promulgare come linea di comportamento per gli specialisti, il tempo per lo screening di massa sulla popolazione non è ancora arrivato. Questo perché ulteriori ricerche dovranno valutare modi per ridurre l’eccesso di diagnosi, evitando costi rilevanti per il servizio sanitario per lo screening e per le procedure di biopsia inutili che questo screening comporterebbe, il tutto per

    aiutare infine solo pochi pazienti. Lo screening con il PSA è imperfetto perché, anche se salva la vita a molti uomini, causerà a molti altri l’individuazione di tumori che non li esporranno a un

    rischio di vita e costringeranno molti pazienti a sottoporsi a trattamenti non necessari. Un problema spesso trascurato con lo screening è che esso non impedisce tutti i decessi correlati alla malattia.

    Insomma non salva la vita a tutti coloro che lo eseguono.

    E 'questo trio di inconvenienti (sovradiagnosi, complicazioni del trattamento e progressione della

    malattia), che rendono incerto il ruolo del PSA nello screening del cancro della prostata.

    Lo stesso Richard Ablin, che scoprì il PSA nel 1970, ritiene che il suo uso nella routine sia un "disastro estremamente costoso per la salute pubblica." In realtà il PSA non è mai stato pensato per essere utilizzato per lo screening di routine, perché non in grado di rilevare il cancro alla prostata

    (come noto il PSA si può elevare anche per infezioni, uso di farmaci, ipertrofia benigna) e, soprattutto, il test non è in grado di differenziare un cancro alla prostata in rapida crescita e potenzialmente mortale da un cancro che cresce lentamente e che non ucciderà. Ciononostante rimane un test preventivo che non può essere ignorato, particolarmente nei casi di familiarità per

    cancro prostatico, e la sua utilità deve essere discussa tra medico e paziente, in ciascun singolo caso.

    Lancet. Pubblicato online il 7 agosto 2014

  • UNA BUONA NOTIZIA PER GLI UOMINI: FARE SESSO RIDUCE IL RISCHIO DI TUMORE PROSTATICO

    Buone notizie per i maschi dal Congresso della Associazione degli Urologi Americani che si è tenuto a maggio a New Orleans: oggi è possibile fare qualcosa per prevenire il tumore alla prostata, e per una

    volta non si richiedono diete ferree e sacrifici ipersalutisti. La dottoressa Jennifer Rider, epidemiologa

    di Boston, ha infatti presentato i risultati di uno studio secondo cui una regolare attività sessuale potrebbe prevenire l'insorgenza del tumore prostatico.

    La ricerca ha riguardato 32000 maschi seguiti dal 1994 ad oggi. Ai partecipanti erano state chieste all'inizio dello studio precise informazioni sulle abitudini sessuali, in particolare sulla frequenza dei

    rapporti che avevano avuto nell'anno precedente l'intervista e in altri due periodi della loro vita (nella decade tra i 20 e i 30 anni e in quella tra i 40 e i 50 anni); i soggetti sono stati seguiti nel tempo, ed è

    risultato che quelli che avevano una frequenza di rapporti più elevata si ammalavano di meno di tumore

    alla prostata. Nello specifico, coloro che avevano una media di più di 21 rapporti al mese in uno dei periodi presi in esame avevano un rischio di ammalarsi minore di circa il 20% rispetto a quelli che ne

    avevano solo da 4 a 7; inoltre, i soggetti che avevano mantenuto una media di rapporti superiore a 21 in

    tutti i periodi della vita considerati risultavano ancora più “protetti” nei confronti del tumore alla prostata, con un rischio di ammalarsi più basso di circa il 35% rispetto ai meno attivi sessualmente.

    Il carcinoma prostatico, la neoplasia più frequente negli uomini sopra i 65 anni di età, risulta meno legato rispetto ad altri tumori a fattori di rischio noti e modificabili. Di conseguenza, fare prevenzione vuol dire essenzialmente fare diagnosi precoce: una visita urologica periodica sopra i 60 anni potrebbe

    permettere di diagnosticare una malattia in fase iniziale quando siamo ancora in tempo per ottenere, avvalendoci anche delle più moderne metodiche come la chirurgia robotica, ottime probabilità di

    guarire dalla malattia conservando importanti funzioni quali la continenza urinaria e la potenza sessuale.

    Lo studio della dott.ssa Rider si pone quindi in un campo di grande importanza sociale e ancora alla ricerca di evidenze scientifiche. Precedenti studi avevano indicato un possibile ruolo preventivo degli antiossidanti vegetali presenti nella dieta mediterranea; potremmo quindi concludere che oggi il tumore della prostata si previene a tavola... e anche a letto!


Le terapie ormonali maschili

  • I VANTAGGI DEL TESTOSTERONE IN UOMINI ANZIANI CON BASSO T. E GLI SVANTAGGI?

    Un trattamento con testosterone protratto per almeno una anno, di uomini anziani con basso livello di questo ormone, migliora la funzione sessuale, l'umore, i sintomi depressivi, e le performance fisiche (capacità di camminare), ma non sembra migliorare la vitalità. Questo il

    risultato di tre studi coordinati che hanno seguito 790 uomini di età media di 65 anni, pubblicati nel numero di febbraio del New England Journal of Medicine (PJ Snyder, et al) Questo studio aveva lo scopo di stabilire un chiaro vantaggio di questo tipo di terapia prima di valutarne i rischi a lungo termine. Non sono stati qui affrontati i rischi potenziali di un trattamento a lungo termine, che comprendono la possibilità di infarto e ictus sollevato recentemente dalla US Food and Drug Administration. Recentemente la FDA ha ulteriormente

    chiarito che i prodotti a base di testosterone sono approvati solo per il trattamento di uomini con bassi livelli di testosterone in presenza di condizioni mediche specifiche e non semplicemente per la condizione di invecchiamento. L'autore dello studio ha affermato in

    un'intervista a Medscape, "Ora abbiamo la prima parte della risposta sui benefici. Quando avremo i risultati degli altri quattro studi in corso, avremo una buona idea dei vantaggi di questa terapia. Ma neanche allora avremo dati concreti sul potenziale rischio. uno studio per valutare il

    rischio richiederebbe molti più uomini seguiti per un periodo di tempo più lungo".

    Negli studi pubblicati è stata indagata la funzione sessuale, la funzione fisica, e la vitalità di 790 uomini di età olte i 65 anni con concentrazione di testosterone inferiore a 275 ng/dl e sintomi che suggeriscono iperandrogenismo. Questi uomini sono stati trattati con testosterone gel o gel placebo, secondo un codice di randomizzazione, per 1 anno e sono stati seguiti per un ulteriore anno. Tutti gli uomini reclutati avevano un deficit in una o più delle funzioni indagate (funzione

    sessuale, funzione fisica, vitalità). Inoltre, circa due terzi erano obesi, il 72% soffriva di ipertensione, e il 15% aveva una storia di infarto del miocardio. Erano stati esclusi uomini con cancro alla prostata, uomini ad alto rischio cardiovascolare, e uomini con depressione grave.

    I risultati hanno mostrato come nel grupo degli uomini che hanno ricevuto il testosterone, la

    concentrazione media di questo ormone si sa mantenuta costntemente otre il range minimo di partenza. c'è stato un significativo aumento nelle misure del desiderio sessuale (P <.001) e della

    funzione erettile (P <.001). Nella prova della funzione fisica, c'è stata una significativa differenza tra i gruppi in quattro misure di funzione fisica, tra cui un aumento di distnza percorda in 6

    minuti di camminata. Gli uomini che hanno ricevuto il testosterone hanno riferito migliore stato d'animo e minore gravità dei sintomi depressivi rispetto a quelli che hanno ricevuto il placebo.

    Nella prova Vitalità, ci sono state differenze significative tra il gruppo di testosterone e il gruppo placebo nella Medical Outcomes Study.

    Lo studio non ha rilevato alcun evento avverso. Anche se più uomini assegnati al testosterone rispetto a quelli assegnati al placebo hanno mostrato un aumento di antigene prostatico specifico (PSA) di 1,0 ng / ml o più durante il periodo di trattamento, solo ad un uomo (nel

    gruppo testosterone) è stato diagnosticato un cancro alla prostata durante il periodo del trattamento. Inoltre, a due uomini nel gruppo testosterone e uno nel gruppo placebo è stata

    fatta la diagnosi di cancro durante l'anno successivo. Sette uomini in ogni gruppo hanno avuto eventi cardiovascolari maggiori (infarto miocardico, ictus, o morte per cause cardiovascolari)

    durante il periodo di trattamento. Due del gruppo testosterone e nove nel gruppo placebo hanno avuto eventi cardiovascolari maggiori nel corso dell'anno successivo. Nei due gruppi non

    c'erano differenze di fattori rischio rispetto agli eventi avversi cardiovascolari.

    In conclusione questi studiconfermano l'efficacia di una terapia con testosterone in uomini anziani con basso testosterone e sintomi ad esso correlati. La teapia avrà un'efficacia percepita dal paziente tanto maggiore quanto più basso sarà il livello di testosterone di partenza. Non esistono al momento motivi di preoccupazione relativi al rischio cardiovascolare. Tuttavia sarà necesasrio aspettare la pubblicaizone di studi condotti più a lingo termine per avere dati più concreti. Fino a quel giorno rimane la necessità di seguire quanto stabilito dalle linee guida internazionali rispetto al monitoraggio corretto degli uomini in terapia, che dovranno effettuare

    controlli periodici che comprendano una visita e un esame del sangue con valutazione di emocromo e PSA, almeno una volta l'anno.

  • TERAPIE CON LE ONADROTOPINE NELLA INFERTILITA' MASCHILE

    La terapia ormonale della infertilità maschile si basa sull'uso di due ormoni: l'FSH e l'HCG. Questi ormoni sono usati in una patologia che si chiama ipogonadismo ipogonadotropo, condizione nella quale l'organismo non è in grado di sintetizzare e immettere in circolo i 2 ormoni ipofisari FSH e LH che sono indispensabili per la produzione degli spermatozoi. Somministrare questi due ormini in forma inniettabile ripristina una spermatogenesi efficace in pochi mesi. Sulla base di questi risultati da anni viene proposta la stessa terapia anche per

    trattare uomini con bassa produzione di spermatozoi, che possono avere livelli bassi o anche normali di FSH e LH (e testosterone). In sostanza in quelle forme di infertilità maschile senza una causa dimostrabile (si parla in questi casi di infertilità idiopatica) si possono somministrare questi ormoni con l’intento di iperstimolare i testicoli a produrre più spermatozoi. Questa terapia può essere proposta dallo specialista, che redigerà un piano terapeutico con il quale il paziente potrà ottenere il farmaco. Deve essere esplicitato il concetto che nonostante vi sia esperienza pluridecennale nell’uso

    dell’FSH e dell’HCG (che ha un effetto simile all’LH) nell’ipogonadismo

    ipogonadotropo, nelle forme cosiddette idiopatiche l’uso di questa terapia ormonale non compare nelle linee guida pubblicate, a causa di una evidenza scientifica ancora debole, sulla base degli studi ad oggi pubblicati.

    Tuttavia, oltre ad avere presupposti forti, questa terapia, negli studi pubblicati fino ad oggi, ha ottenuto risultati molto promettenti. Questi studi mostrano miglioramenti significativi in termini di ottenimento di gravidanza spontanea in coppi nelle quali i maschi erano stati curati con FSH rispetto ad analoga popolazione di maschi infertili  che non avevano ricevuto la terapia. Addirittura, i miglioramenti, in termini di percentuale di coppie che hanno avuto il bambino desiderato, sono stati statisticamente significativi anche nei casi di gravidanza ottenuta con fecondazione assistita, in coppie nelle quali il maschio sia stato trattato con FSH. 

    Perchè porre una terapia impegnativa, in termini di costi e di durata , in una condizione quella della infertilità idiopatica nella quale non si è riusciti a porre una diagnosi precisa? Etichettare il maschio infertile come idiopatico e inviare la coppia a fare una procedura di fecondazione assistita equivale a privarlo di possibilità diagnostiche più approfondite e privarlo anche della possibilità di migliorare la sua condizione seminale. Lo stato si fa carico

    dei costi, se le indicazioni sono corrette e il maschio, anche nei casi nei quali si pensa

    di ricorrere alla fecondazione assistita, può, almeno in parte, farsi carico del peso della fecondazione assistita. Un 20–30% delle coppie infertili presenta infatti solo un fattore maschile. Il maschio in queste coppie è causa della fecondazione assistita che però grava interamente sulla donna, che in questi casi è sana e fertile ma deve farsi carico della procedura. 

    Ad oggi nessuno studio, nel quale uomini infertili siano stati stimolati con livelli

    sovra fisiologici di gonadotropine, ha mai prodotto effetti collaterali. Le terapie sono

    ben tollerate e in genere i maschi infertili non hanno nessun tipo di riluttanza a

    sottoporsi alla terapia iniettiva. I cicli di terapia mediamente consistono di 3 iniezioni per settimana, che il paziente può praticarsi da solo, iniettandosi il prodotto

    sottocute nella pancia o in una coscia o in un braccio, per un periodo di 3 mesi.

    Naturalmente queste cure sono prescrivibili solo dallo specialista andrologo, che proporrà questa terapia sulla base di un protocollo diagnostico che abbia escluso cause specifiche di infertilità e redigerà un piano terapeutico attivando la nota AIFA 75 che consentirà di acquisire il farmaco nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale.

    Referenze 

    - Dwyer AA, Raivio T, Pitteloud N. Gonadotrophin replacement for induction of fertility in hypogonadal men. Best Pract Res Clin Endocrinol Metab.

    2015;29(1):91-103.

    - Anderson RC, Newton CL, Anderson RA, Millar RP. Gonadotropins and Their Analogs: Current and Potential Clinical Applications. Endocr Rev.

    2018;39(6):911-937.

    - Duca Y, Calogero AE, Cannarella R, Condorelli RA, La Vignera S. Current and emerging medical therapeutic agents for idiopathi c male infertility.

    Expert Opin Pharmacother. 2019;20(1):55-67.

    - Shiraishi K, Matsuyama H. Gonadotoropin actions on spermatogenesis and hormonal therapies for spermatogenic disorders [Review]. Endocr J.

    2017;64(2):123-131.

    - Behre HM. Clinical Use of FSH in Male Infertility. Front Endocrinol (Lausanne). 2019;10:322.

    - Santi D, Poti F, Simoni M, Casarini L. Pharmacogenetics of G-protein-coupled receptors variants: FSH receptor and infertility treatment. Best Pract

    Res Clin Endocrinol Metab. 2018;32(2):189-200.

    - Barbonetti A, Calogero AE, Balercia G, et al. The use of follicle stimulating hormone (FSH) for the treatment of the infertile man: position statement

    from the Italian Society of Andrology and Sexual Medicine (SIAMS). J Endocrinol Invest. 2018;41(9):1107-1122.

    - Simoni M, Casarini L. Mechanisms in endocrinology: Genetics of FSH action: a 2014-and-beyond view. Eur J Endocrinol. 2014;170(3):R91-107.

    - Rastrelli G, Corona G, Mannucci E, Maggi M. Factors affecting spermatogenesis upon gonadotropin-replacement therapy: a meta-analytic study.

    Andrology. 2014;2(6):794-808.

    - Santi D, Simoni M. Biosimilar recombinant follicle stimulating hormones in infertility treatment. Expert Opin Biol Ther. 2014;14(10):1399-1409.

    - Attia AM, Abou-Setta AM, Al-Inany HG. Gonadotrophins for idiopathic male factor subfertility. Cochrane Database Syst Rev. 2013(8):CD005071.

    - Garolla A, Ghezzi M, Cosci I, et al. FSH treatment in infertile males candidate to assisted reproduction improved sperm DNA fragmentation and

    pregnancy rate. Endocrine. 2017;56(2):416-425.

    - Valenti D, La Vignera S, Condorelli RA, et al. Follicle-stimulating hormone treatment in normogonadotropic infertile men. Nat Rev Urol.

    2013;10(1):55-62.

    - Casamonti E, Vinci S, Serra E, et al. Short-term FSH treatment and sperm maturation: a prospective study in idiopathic infertile men. Andrology.

    2017;5(3):414-422.

    - Paradisi R, Natali F, Fabbri R, Battaglia C, Seracchioli R, Venturoli S. Evidence for a stimulatory role of high doses of recombinant human folliclestimulating hormone in the treatment of male-factor infertility. Andrologia. 2014;46(9):1067-1072.




Via Macelli, 37 
55100 Lucca (LU)
Fax: 0583 490841
Via U. Terracini, 8 
59100 Prato (PO) 

Lun - Ven
Solo appuntamento
Sab - Dom
Chiuso
Via Macelli, 37 
55100 Lucca (LU)
Fax: 0583 490841
Via U. Terracini, 8 
59100 Prato (PO) 

Lun - Ven
Solo appuntamento
Sab - Dom
Chiuso

* Campi obbligatori

Per informazioni chiamate lo studio della vostra provincia: Lucca o Prato

Share by: